Agony: buona idea, pessima realizzazione
Sin dal suo annuncio, Agony ha suscitato molto interesse intorno a se per vari motivi. In un periodo in cui il settore degli horror, ma soprattutto dei survival horror, cercano un’identità nuova, o per meglio dire, un suo “campione”, i ragazzi di Madmind Studios hanno sorpreso tutti con un’idea nuova. Agony era quella ventata di freschezza e orrore che molti stavano aspettando. Le premesse c’erano tutte.
In primis, l’ambientazione. Il gioco prometteva di spedirci nel profondo inferno, un luogo tetro, violento e crudo. Popolato da ciò che potevamo chiamare “resti di anime” e qualsiasi altra crudele creatura che si poteva celare nell’oscurità degli inferi. Sangue, scene al limite del disturbo psicologico. E il nostro “eroe” doveva scappare da questo orrore….
Informazioni centellinate, pochi nuovi screenshot e video. E già la “forbice” del ESRB chiedeva di eliminare alcune scene, censurando momenti troppo disturbanti.
L’idea non era male ma all’atto pratico… si è rivelato un fallimento, un’agonia peggiore di quello che ci saremmo aspettati, e non a livello di atmosfera e ambientazione. Ecco la nostra opinione.
Agonia, in tutti i sensi
Dopo un video, alquanto vago e vuoto di contenuti (sembrava un déjà vu dei pochi trailer mostrati in questi mesi) ci ritroveremo all’inferno. Spaesati (è doveroso dirlo, perché vi sentirete realmente così), inizieremo la partita senza sapere chi siamo, cosa abbiamo fatto per essere puniti e cosa dobbiamo fare per salvare la nostra anima. Sappiamo solo che dobbiamo cercare la Dea Rossa. Dopo qualche minuto verremo a sapere che ci chiamiamo Amraphel e che abbiamo fatto qualche azione poco nobile.
Stop. Questo è tutto quello che sapremo sulla trama. Nessuna introduzione che ci mette l’acquolina in bocca. Verremo letteralmente catapultati nell’inferno senza sapere cosa dobbiamo fare. Da un lato si può dire che questa sensazione possa rispecchiare realmente una situazione del genere. Ma… ricordiamo che è sempre un gioco. E (per fortuna) non è la nostra vera anima, e la nostra storia la conosciamo.
Passeggiare negli stessi luoghi
Sin da subito verremo “violentati” dall’atmosfera cruente e buia. Nei primi passi di gioco potremo già assaporare alcuni dei difetti di questo gioco. Il gioco è un survivar horror caratterizzato da alcune fasi platform estremamente semplici e noiose. Inizialmente verremo piacevolmente sorpresi dall’ambientazione ma ben presto questa sorpresa si tramuterà in noia. Le zone sembreranno essere tutte uguali. Un ripetersi di cunicoli stretti e circondati da creature deliranti o anime seviziate e doloranti… dove sarà facilissimo perdersi, e ritrovarsi dopo poco a girovagare in tondo.
In Agony l’unico modo di sopravvivere è essere silenziosi e superare i diversi nemici aggirandoli. Ciò non è sempre fattibile perché molto spesso i demoni ci sentiranno da distanze ragguardevoli, localizzandoci molto semplicemente. A nulla servirà strisciare il più a terra possibile, nascondersi o muoversi lentamente… LORO VI VEDRANNO! E ovviamente, non avrete armi o altri oggetti che vi potranno difendere.
“E se veniamo colpiti? E se ci succede qualcosa?” Presto detto. Durante la nostra avventura troveremo dei checkpoint utili per riprende la nostra infernale avventura qualora qualcosa non andasse come avevamo sperato. Questi punti di respawn, caratterizzati da degli specchi corredati di ossa ed arti, possono essere utilizzati soltanto 3 volte. Ripetiamo: checkpoint utilizzabili solo 3 volte. Infatti, a complicare le cose, qualora dovessimo morire più volte del previsto faremo letteralmente un passo indietro riprendendo dallo specchio precedente, ripetendo tutto ciò che abbiamo fatto da un checkpoint all’altro. Mettendo in preventivo la possibilità di essere facilmente rilevati e uccisi dai vari demoni, questa caratteristica potrebbe risultare frustrante.
Tutto qui? ….giusto! Mancano ancora qualcosa, che rende le sessioni di Agony leggermente meno monotone, Le fasi di platform sono eccessivamente semplici. Dovremo semplicemente riprodurre un simbolo. Si, tutto qui.
Compagnia poco simpatica
Per provare a ricostruire la narrativa del gioco, durante il nostro viaggio incontreremo delle pagine di diario o delle altre anime in pena intente a pentirsi.
Intorno a noi, intanto, uomini impalati che continuano a muoversi, neonati deformi e nudità ovunque. Come già detto, il gioco ha avuto una censura molto pesante rispetto al progetto originale: alcune scene e ambienti (che interessavano, tra le varie possibilità, proprio neonati) sono state tagliate in quanto sarebbero state troppo farti anche per un pubblico adulto. I primi video pubblicati su Youtube mostravano proprio questi “tagli”, ma ben presto sono stati rimossi. Se siete tra i “fortunati” che sono riusciti a vedere la versione di Agony così com’era stata pensata, sapete cosa manca al prodotto finale.
Per quanto non avrebbero salvato il titolo, ma solo creato maggiore dispiacere di non aver avuto tra le mani il nuovo re dei survival horror.
La parte tecnica
La parte tecnica, come del resto il gameplay, non eccelle. La prova effettuata su PS4 Pro ha fatto notare piccoli ma fastidiosi lag e texture caricate di ritardo. Questi difetti non aiutano in situazioni di buio (cioè, nella totalità del gioco). I modelli, inoltre, non sono sempre dettagliati come ci si aspetterebbe, creando una carenza all’ambientazione che si ripercuote sull’intera esperienza di gioco.
La parte audio? Beh, rispecchia il titolo del gioco. E’ un’eterna agonia! Durante la maggior parte del tempo verremo perlopiù martellati da lamenti ed urla. Colonna sonora? Minimale, e con un discreto senso di “già provato”, ma sicuramente affossato dai continui lamenti che usciranno dalle casse della vostra TV.
Conclusioni
L’idea alla base di Agony non era male, anzi. Agony aveva suscitato piacevole curiosità in redazione proprio per l’ambientazione e l’incipit iniziale. Purtroppo, la versione finale non rispecchia ciò che abbiamo atteso in questi mesi. Qualora riusciste ad andare avanti a dispetto della ripetitività e della frustrazione non verrete pervasi dal classico senso di soddisfazione (si, anche il titolo di Madmind Studios ha una fine). Purtroppo non possiamo che dare un’insufficienza piena.